Se cerco la definizione della bellezza nel mio dizionario (che non è forse il meglio) trovo: “caratteristica di qualcosa di bello”. Come sempre, in un dizionario, partendo da una definizione dobbiamo cercarne un’altra. Cerco la definizione di “bello”: “che fa provare un’emozione estetica che piace all’occhio”.

Prima di tutto piccola osservazione: perché soltanto all’occhio? Perché la vista sarebbe più importante dell’udito per esempio? Se riuniamo le due definizioni, possiamo dire che, secondo il dizionario, la bellezza è una caratteristica di un oggetto concreto o astratto che ci dà un’emozione di felicità estetica.
Mi ricordo: avevo 12 anni. Il nostro professore di musica a scuola definiva la musica come “l’arte di organizzare i suoni in modo piacevole per l’orecchio”, una definizione simile a quella del dizionario: la bellezza è un attributo obiettivo di un oggetto. Questo vuol dire che questo paesaggio, questo dipinto, quest’opera musicale, questo libro sono belli o brutti per tutti.
Devo dire che, per anni, ho considerato questa visione come corretta. Non avrei mai pensato che un dizionario potrebbe dare una definizione errata. Eppure, è evidente: tutti noi non possiamo provare gli stessi sentimenti di fronte ad uno stesso oggetto. Personalmente, l’ho capito quando mia moglie mi ha detto per la prima volta: “Questa scultura non mi piace; non la trovo bella” anche se, per me, era l’espressione della bellezza.
La bellezza non è dunque una caratteristica obiettiva di qualcosa, ma un sentimento vissuto da ciascuno confrontato con questa cosa. Dobbiamo capire e accettare la diversità dei sentimenti, delle opinioni e delle visioni diventando così più tolleranti nei confronti altrui. Ho letto per caso, due giorni fa, una frase di una scrittrice belga, Colette Nys Mazure: “La cosa bella dell’arte è indovinare che le stesse cose non sono percepite allo stesso modo”, che ricchezza…
La nostra visione della bellezza può inoltre cambiare: ci sono per esempio opere che non mi piacevano in passato e che trovo belle oggi e viceversa, principalmente perché ho sfumato le mie certezze, ho cambiato la mia visione e ho imparato a guardare e ad ascoltare con più tolleranza e più apertura, semplicemente perché sono cambiato.
Questo non significa che non ci siano regole che devono essere considerate come riferimenti: penso per esempio all’arte dell’armonia nella musica o alla prospettiva nella pittura.
C’è una caratteristica che considero sempre come importante quando realizzo qualcosa (creare una scultura, preparare un piatto, scrivere un testo…): il tempo che ho dedicato alla creazione. È diventato per me un criterio quando vedo o sento qualcosa: penso al creatore e immagino le ore, i giorni, i mesi, forse, che ha passato a creare questo messaggio che manda sotto forma di opera: non mi chiede di trovarla bella ma soltanto di sentire, di guardare e se non sento questo sentimento di bellezza posso almeno creare un legame con il creatore e inventarmi una risposta al suo messaggio.
Rémy
5 febbraio 2021